Klothos – I Fili del Destino | Recensione

Klothos – I Fili del Destino | Recensione

Oggi vogliamo presentarvi la nostra recensione di Klothos – I Fili del Destino. Innanzitutto vogliamo ringraziare Fumble GdR per averci messo a disposizione una copia di questo gioco unico nel suo genere. Se questa recensione dovesse invogliarvi ad acquistare il gioco, potete trovarlo sul loro store ufficiale. Klothos – I Fili del Destino è disponibile in versione fisica al prezzo di 19,90 euro; per chi preferisse la versione digitale, il PDF ne costa invece 10,00. Dallo store è comunque possibile scaricare sia un quickstart del gioco che un’avventura gratuita. Nel caso questa recensione vi lasciasse qualche dubbio insoluto, questo materiale è sufficiente a fare completa chiarezza.

Una piccola nota è doverosa: Klothos – I Fili del Destino è stato premiato per il Miglior Game Design e per il Miglior Regolamento ai Player Awards del 2019. Stiamo parlando quindi di un gioco con un certo pedigree, che va affrontato cercando non soltanto uno svago. Questo gioco di ruolo si promette infatti di far vivere una vera e propria esperienza. Tanto di cappello a Claudio Serena, autore di spessore.

Recensione del Volume di Klothos – I Fili del Destino

Il volume è di formato piccolo, di dimensioni poco superiori a quelle di un libro tascabile. Questo sicuramente aiuta la solidità del manuale, soprattutto tenendo conto del fatto che la copertina è flessibile. In generale si tratta di un volume da maneggiare con una certa cura. Non è pensato per sostenere le stesse battaglie che affronteranno i vostri eroi, questo è poco ma sicuro. 228 pagine, compresa la scheda del giocatore; che occupa una sola facciata, discreto plus per gli amanti della compattezza. Compreso anche un agevole “bestiario” che presenta un ampio campionario di avversari, facilmente adattabili ad ogni contesto di gioco.

Le pagine del manuale hanno una bella porosità, non sanno di plastica al tatto. Chi ha la piccola mania di annusare i libri mentre li sfoglia avvertirà un piacevole sentore di carta. Dato il formato di Klothos – I Fili del Destino, l’impaginazione a una colonna risulta ben ordinata, e ne aumenta di molto la leggibilità. Le pagine sono molto spartane, il che è un bene visto il formato. Le illustrazioni di Pietro Bastas impreziosiscono ulteriormente il volume, siglando definitivamente un lavoro completamente italiano.

Un Approccio Unico

Quello che permette a Klothos – I Fili del Destino di spiccare tra molti altri giochi di ruolo, è l’approccio unico che ha alla narrazione. La costruzione del personaggio, il suo sviluppo e quello delle trame attraverso cui evolve, infatti, non segue il normale percorso di un gioco di ruolo. L’intero impianto di Klothos – I Fili del Destino è innestato sulla narrativa, prima ancora che sulla narrazione. L’analisi del viaggio dell’eroe e di tutte le figure che lo accompagnano, la struttura dell’epica, lo sviluppo dell’intreccio.

Giocare a Klothos – I Fili del Destino nei panni di un eroe o in quelli del Tessitore che conduce la storia, significa immergersi pienamente nel mito. Ogni eroe ha un percorso molto preciso. Un background con dei canoni da rispettare, un punto di partenza, un modo di affrontare le avversità, un epilogo epico. Ed “epico” non è un aggettivo utilizzato a caso. I personaggi sono infatti eroi nel senso più tradizionale del termine, individui straordinari che affrontano le avversità, superandole, per un bene comune.

Recensione del Thread System di Klothos – I Fili del Destino

Il motore di Klothos – I Fili del Destino è un sistema di gioco completamente originale, il Thread System. Si tratta di un sistema estremamente semplice e con pochi fronzoli, in cui le classiche caratteristiche del personaggio vengono sostituite dai suoi Approcci, dal modo in cui sceglie di affrontare la situazione. Ogni prova va affrontata sommando al punteggio dell’approccio il risultato di 1d6; con un risultato di 7, la prova è superata. Quando il personaggio è specializzato in quel che sta facendo, può aggiungere il “dado del fato” alla prova, che può far accumulare Punti Fortuna; se ad essere specializzato è l’avversario, però, ci sarà il rischio di accumulare al contrario Sciagure.

Punti Fortuna e Sciagure non modificano mai il risultato di una prova, ma permettono al Tessitore di creare ulteriori sviluppi della storia. Ovviamente, come si può immaginare, a favore o a sfavore degli eroi. Ci sono vari effetti che si possono ottenere, e il manuale è piuttosto ricco di esempi. Ma in definitiva l’unico limite è la fantasia del Tessitore.

I Fili del Destino

Altro elemento fondamentale del Thread System sono i Fili del Destino, che danno il nome tanto al gioco quanto al suo sistema stesso. Ogni volta che l’eroe si trova in una situazione senza via d’uscita, o in cui la posta in gioco sia troppo alta, può consumare uno dei suoi Fili del Destino. Questo gli permetterà di riuscire automaticamente nell’azione che vuole portare a termine, e sbloccherà una delle capacità legate al suo percorso. In più, ad ogni Filo del Destino pari consumato, otterrà anche una nuova specializzazione.

Ma attenzione, un destino epico non può sottrarsi ad un tragico epilogo; una storia deve necessariamente avere una conclusione. Quando un eroe consuma il suo settimo e ultimo Filo del Destino, il suo percorso è compiuto. Sarà il suo sacrificio, che gli permetterà di completare il suo viaggio e di riposare finalmente in pace.

Recensione di Klothos – I Fili del Destino: i Personaggi

In Klothos, i Fili del Destino non troviamo un’ambientazione, né razze per i personaggi né classi, per lo meno non in senso stretto. Il sistema è pensato per essere applicato in maniera universale a qualsiasi tipo di contesto. Quel che conta è la narrazione: il percorso dell’eroe, appunto, e il ruolo che questi acquista nella storia.

Il personaggio viene costruito quindi secondo il ruolo che assume più nella narrazione che nell’avventura in senso stretto. Dopo una serie di domande preliminari, che gli danno una vera e propria identità, vengono distribuiti i punti tra i vari approcci: Accuratezza, Acume, Ascendente, Prudenza, Impeto e Fermezza. Si passa quindi a definire quello che maggiormente caratterizzerà la l’eroe: la sua Costellazione.

Questa rappresenta il destino del personaggio, il ruolo che assumerà all’interno della sua narrazione. Le Costellazioni non sono pensate per ricalcare le classiche “classi” dei giochi di ruolo, anche se sembrerebbero a grandi linee corrispondervi. Ricalcano piuttosto l’archetipo narrativo da cui queste sono state tratte nel corso del tempo. Non si parla di ruolo all’interno del gruppo, ma di ruolo all’interno della storia epica che l’eroe vivrà.

Un Destino Scritto nelle Stelle

Ogni Costellazione determina il ruolo che il personaggio avrà nell’epica della sua storia. Il Campione incarna l’eroe nel suo archetipo più tradizionale; il condottiero incorruttibile, che porta alla vittoria la luce e la verità. Il Cantastorie è invece colui che lo accompagna, che nel documentarsi sulle gesta eroiche finisce per viverle. Il Cercatore è un esploratore, sempre vigile; è colui che nella storia ha il compito di trovare l’elemento che si rivelerà fondamentale per la sua risoluzione.

Il Distruttore, come suggerisce il nome, è colui che con la magia o con la forza, abbatte ogni ostacolo; in costante mutamento, sfugge persino alle leggi di natura. Il Folle potrebbe apparire come un giullare privo di buon senso, e alle volte lo è; ma è proprio il suo “pensiero laterale” a essere spesso risolutivo. Il Guardiano è votato alla difesa degli altri, incurante della propria incolumità. Il Saggio, invece, è colui che guida gli eroi; consapevole di verità negate agli altri, conduce i suoi compagni incontro al loro destino.

Conclusioni della Recensione di Klothos, i Fili del Destino

In conclusione, Klothos – I Fili del Destino è un gioco che si fa apprezzare. Non solo per la sua semplicità e praticità, ma per l’idea. Si tratta di un gioco di ruolo che ha un’identità forte, e che la porta avanti con costanza. Il regolamento è molto rapido da apprendere e divertente. Soprattutto è pensato per supportare l’esperienza di gioco promessa; quindi non è solo interessante, ma anche funzionale. Dovendo individuare un difetto, al di là del manuale che è un po’ fragile ma che comunque vale il suo prezzo, è la mancanza di qualche meccanica più narrativa. Chi scrive non ne è un amante, ma un gioco in cui il senso del racconto è così forte ne avrebbe beneficiato. Sicuramente un peccato veniale, che non inficia la brillante idea di base.

Quindi se siete interessati a un gioco di ruolo che evidenzi non tanto l’avventura quanto il percorso, e che faccia evolvere i vostri personaggi secondo gli schemi di quello che l’umanità si racconta da millenni attorno al fuoco, Klothos – I Fili del Destino è sicuramente il gioco che fa per voi.

Se ti è piaciuta questa recensione di Klothos – I Fili del Destino, continua a seguirci per altre novità sul mondo del gioco di ruolo!
Hero Forge: una miniatura personalizzata per ogni storia | Racconto

Hero Forge: una miniatura personalizzata per ogni storia | Racconto

No Dice Unrolled ha recentemente pubblicato una recensione su Hero Forge, un sito che permette di creare una miniatura completamente personalizzata (realizzata con qualità e in un materiale a scelta) e farsela spedire. Al fine di scrivere la recensione, ci è stato dato un piccolo budget con il quale abbiamo realizzato quattro miniature, due a testa.

Una volta arrivate, mentre le rigiravo tra le dita preparandomi a scrivere la recensione, ho pensato che il più grande pregio di queste miniature, al di là di qualità dei materiali o della precisione realizzativa, è proprio l’elevata possibilità di personalizzazione. Per far capire quanto i prodotti di Hero Forge, in ogni singola miniatura, ci abbiano soddisfatto, ho pensato che fosse fondamentale raccontarvi la storia che c’è dietro ognuna di loro.

Questo articolo è nato per raccontarvi quello che sta dietro alle due miniature che ho progettato io. Ecco la storia di Aukan e Boilbur e di come essa si rifletta nelle loro miniature.

La prima miniatura di Hero Forge: Aukan “Tracanna Idromele” Itakaiathi

Aukan è stato uno dei principali protagonisti di una campagna di D&D 3.5 ambientata nei Forgotten Realms che è durata 146 sessioni (di cui 6 da 12 ore). E’ un goliath barbaro, la cui tribù è stata annientata e schiavizzata da dei giganti del gelo. Aukan ha vissuto molte avventure, viaggiando dal Cormyr al regno nascosto di Ra-Khati (fin quasi a Kara-Tur) per poi salvare la Trama (il fondamento della magia) nel cuore dell’Anauroch.

Alla fine del suo ciclo narrativo è diventato Mualio, il Cacciatore Solitario. E’ una figura epica della cultura goliath, ritenuto un eroe immortale. In realtà è un titolo che viene passato da un goliath a un altro insieme alla Corona del Cacciatore, un artefatto dai grandi poteri. Accettandola, si abbandona la vecchia identità per diventare Mualio e aiutare il proprio popolo. Ecco il perchè dell’elmo con le corna da cervo che indossa. Aukan ha trovato il precedente Mualio, prigioniero degli yuan-ti nelle Colline dei Serpenti e, ricevuta la Corona, è potuto tornare in patria nei Picchi Grigi per liberare la sua gente dal giogo dei giganti del gelo in un grande combattimento finale contro un possente gigante a capo dei suoi simili.

Nel suo viaggio di ritorno da Ra-Khati a casa, raggiunto il Damara, ha contribuito a salvare la popolazione e nel farlo ha ottenuto un’ascia magica, Impiegabile, che seguendo le regole delle weapon of legacy è cresciuta in potere con lui a seguito di rituali e prove. Per questo ho scelto una posa nella quale il goliath mettesse in risalto la sua amata arma.

La base della miniatura e i suoi oggetti

Ai piedi di Aukan ho scelto di mettere una spada piantata nel terreno, simbolo dei tanti avversari battuti nei suoi lunghi anni da avventuriero, insieme a una bottiglia. Non solo per via del suo soprannome, “Tracanna Idromele”. Anche perchè Matteo, il giocatore alle spalle del prode Aukan, non perdeva occasione dal proporre di giocare a “bevi e dici”, un classico gioco goliath. Ogni partecipante doveva scolarsi una notevole quantità di birra o idromele e poi raccontare qualcosa sulla sua vita. Solo chi rimaneva cosciente e in grado di narrare con un minimo di eloquio poteva passare al turno successivo. E’ stato un gioco che ha permesso al gruppo di interagire, conoscersi e cementare un profondo rapporto!

La seconda miniatura di Hero Forge: Boilbur Redbeard

Boilbur è uno dei tre fratelli Redbeard, nucleo del gruppo di avventurieri protagonisti di una campagna di Hackmaster V edizione ambientata nei Kingdoms of Kalamar tuttora giunta attorno alle 60 sessioni. Dopo tutto questo tempo ha finalmente raggiunto il quarto livello… Sono soddisfazioni!

Boilbur è un guerriero dalla corporatura massiccia e dalla costituzione formidabile. Per questo ho scelto di renderlo il più spesso possibile e la sua struttura muscolare ha quasi i parametri massimali. Come ogni nano di Hackmaster ha delle competenze da minatore, motivo per il quale ho aggiunto il piccone sopra lo zaino. Fa veramente parte del suo equipaggiamento in quanto è lui il più carico di oggetti tra tutto il gruppo. Ma la vera vocazione di Boilbur è la cucina. La sua abilità di Cucinare è stata aumentata a ogni passaggio di livello; Paolo, il suo giocatore, non manca di porre l’accento su quanto facciano schifo i piatti altrui in confronto ai suoi manicaretti. Dopotutto ha 6 di Carisma, cosa pretendete? Tra gli oggetti disponibili su Hero Forge, ho scelto quindi per questa miniatura una padella, dettaglio che altrimenti credo mi sarebbe stato impossibile trovare altrove.

L’armatura di Boilbur

Recentemente Boilbur ha viaggiato al nord per liberare l’insediamento nanico di Coldhall da una tribù di orchi che lo aveva assaltato, riducendo in schiavitù la popolazione. La difficoltà di sopravvivere nelle lande del nord, le efferatezze perpetrate ai danni dei suoi simili, la fatica nel portar via un gruppo di superstiti denutriti da un nascondiglio di fortuna; e lo scontro finale contro un temibile orco nero quando, rimasti solo lui e suo fratello Thorek, non avevano 10 punti ferita in due.

E’ stata una prova molto ardua, ma anche appagante. Ha trovato Zomed, che presto diventerà sua moglie (tabella dei nomi nanici, prendetevela con Kenzer & Co.) e, ancor meglio per un avventuriero, un’armatura e uno scudo di ottima fattura. Quindi Boilbur è diventato un vero e proprio muretto di acciaio con le gambe e per lui ho scelto una posa difensiva, con lo scudo alzato, a sottolineare la sua notevole capacità di resistere ai colpi.

E che fine faranno le miniature?

Aukan ormai è in pensione da anni. Protegge il suo popolo col nome di Mualio, ma avendo chiamato Aukan il suo primogenito è sicuro che il suo nome non verrà mai dimenticato. Non lo dimenticherà neanche Matteo, molto affezionato al suo gigantesco goliath che balzava sui nemici con modificatori al danno da far paura solo a pronunciarli!

La miniatura di Aukan è diventata il regalo di compleanno di Matteo e rimarrà come imperituro ricordo di una delle più belle campagne che abbiamo condiviso insieme.

Boilbur invece ha ancora molta strada davanti. Deve accompagnare suo fratello Thorek, chierico del dio della libertà, a liberare il regno nanico di Karasta dal giogo dell’Impero di Kalamar. Sarà un viaggio lungo, specie con un gioco impegnativo e mortale come Hackmaster. Ma ora Paolo ha dalla sua una miniatura così bella che dovrò pensarci due volte, da master, prima di farlo fuori!

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All’improvviso un pirata [ PF2 ] | Racconto

All’improvviso un pirata [ PF2 ] | Racconto

Ecco la testimonianza (attraverso PF2) di com’é giunto all’improvviso un pirata nella mia vita. Questa foto è di alcuni giorni fa, eppure le sono già estremamente affezionato. Per la maggior parte delle persone raffigura delle matite in fila, alcuni dadi e degli occhiali a cui è agganciato uno scarabocchio. I giocatori di ruolo sanno che non è così. I giocatori di ruolo sanno che dietro a ogni elemento c’è molto di più e che questa foto non è il ricordo di un momento, ma di un’intera storia.

Lasciate che ve la racconti.

La genesi di un pirata in PF2

Tra una serie e l’altra di Household, decidiamo di provare Pathfinder 2 (a proposito, promosso a pieni voti), convinti dall’entusiasta recensione di Andy, che fa da master. Due serate, due one-shot collegate dagli stessi personaggi e da alcuni elementi di trama. Le one-shot sono spesso l’occasione per lasciarsi andare a tentativi e sperimentazioni che magari non si intraprenderebbero in una campagna… E così è stato. E anche per prendersi qualche libertà.

Come quella di creare un gruppo composto da un halfling monaco con meno pazienza dei suoi centimetri d’altezza, uno gnomo druido con un dinosauro come compagno animale, un goblin barbaro che sente “voci” e un nano guerriero. Io ero il nano guerriero.

Come sarebbe a dire dove sta la sperimentazione nel nano guerriero? Innanzitutto per un master abituato a giocare le possibilità più astruse, il classico dei classici è comunque una sperimentazione. Dopodichè il mio nano guerriero di PF2 era speciale, perchè oltre a pensare sempre a mangiare, voleva diventare un pirata. Ecco: all’improvviso, un pirata. Peccato fossimo in una pianura lontana anni luce dal più vicino specchio d’acqua navigabile. Ma la pirateria non è una professione, è uno stile di vita. E così viveva il nano pirata Barbagrigia, tra l’altro uno dei primi nani a essere il più alto del proprio gruppo.

Il contesto narrativo

Non sto qui a raccontarvi tutta la sessione (sebbene ne varrebbe anche la pena!) e balzo direttamente allo scontro finale.

Dovevamo fermare un meschino esattore delle tasse dall’arrivare nel villaggio e prelevare un prigioniero, importante invece per noi per portare avanti i nostri scopi.Sapevamo dove e quando sarebbe arrivato. Sentite la parola “imboscata” risuonarvi in testa? Perfetto, siamo sulla stessa lunghezza d’onda.

Ora, in una one shot del genere, l’imboscata poteva essere normale? Non direi. Ecco com’è stata progettata.

Come si presenta un pirata in PF2

L’esattore delle tasse Hubert (d20 rosso) e un suo braccio destro (d10 rosso), accompagnati da un arciere (d4 rosso) e due guardie (d6 rossi) hanno incontrato sul loro cammino un nano con l’ascia in mano, fermo davanti a una bandiera pirata raffigurante due ossa che compongono la lettera “L” e un teschio. Nella normalità della più classica delle pianure fantasy, all’improvviso un pirata. Nano. Ma non un nano qualunque.


Il capitano Barbagrigia della Ciurma della “L”. Non conoscete la Ciurma della “L”? Neanche la legge della “L”? Purtroppo da quelle parti nè noi nè quella legge erano molto conosciute. Peccato, altrimenti un gruppo dove l’altezza media è 72 centimetri avrebbe fatto una gran bella figura.
Il nano presenta alla stranita compagnia il resto della ciurma. I tre d6 rosso scuri (oltretutto a tema Cthulhu… Vedete che il richiamo del mare era nell’aria?) sono un maiale, il Quartiermaialastro, una mucca, la Camuccambusiera e una gallina, la gallina mozzo.
Perchè? Come mai una mucca, un maiale e una gallina? Perchè era una one-shot, ma soprattutto perchè sì.

Dietro la gomma/cespuglio sulla sinistra si intravedono l’halfling monaco e il goblin barbaro.

Questo è il giorno che voi tutti ricorderete come il giorno in cui avete quasi catturato Capitan Barbagrigia!

E’ ovviamente iniziato un combattimento, non aspettavamo altro. Al momento pattuito, quando gli uomini iniziavano a perdere la pazienza per l’evidente pagliacciata a cui dovevano assistere, Barbagrigia ha indicato dietro di loro urlando: “Attenti! C’è un dinosauro che vi carica!”.

Non ci sono cascati, ma il dinosauro c’era davvero. Nascosto in una piccola buca ai lati della strada, con un semplice incantesimo di Ingrandire, dalle retrovie ha iniziato a seminare il panico. Per il resto oggetti alchemici lanciati a raffica, sgambetti e asciate in corsa hanno completato il quadro.

Complici dei dadi piuttosto fortunati (il capitano Barbagrigia faticava a tirare meno di 15) il combattimento è finito con una disarmante vittoria. Il gruppo, poco avvezzo alle grandi somme di denaro ma piuttosto ai potenti morsi della fame, può così tornare al villaggio a riscuotere la ricompensa: una 24 ore di cibo.

Fine della storia, ma non delle emozioni


Ci sono i massimi sistemi, ci sono le eterne diatribe sulle sessioni zero, le regole zero, i comportamenti al tavolo, elenchi di pregi e difetti di elenchi di giochi seguiti da elenchi di commenti. Insomma a volte ci sono tante parole, talvolta importanti, talvolta inutili, e poco gioco.

E poi c’è questo. Una serata tra amici, una one-shot senza nessuna pretesa. Poi, all’improvviso, un pirata. Molte battute, qualche dado, troppe risate. Una parte di te in un altro mondo, in un altro tempo e un’altra parte assolutamente presente a sé stessa a godersi la consapevolezza che, grazie al nostro gioco, anche oggi é una bella giornata.

E una foto per ricordarmelo sempre.

Continuate a seguirci per altri racconti di PF2 inutili e melliflui di Merry Crystal!
Das Schwarze Auge: un tempo perduto | Racconto

Das Schwarze Auge: un tempo perduto | Racconto

Oggi, grazie a Das Schwarze Auge o, com’è conosciuto in Italia, Uno Sguardo nel Buio, facciamo un grande salto nel passato. Ho l’occasione di narrarvi una storia che per i lettori meno giovani avrà il sapore di memoria, per gli altri spero sia una piacevole lettura e uno spunto di riflessione.

Das Schwarze Auge è un classico gioco di ruolo fantasy, uno dei primi apparsi e tuttora il gioco di ruolo tedesco di maggior successo. Tutto ciò che racconto e le immagini utilizzate sono state tratte da una documentazione video realizzata da Orkenspalter TV: Das Schwarze Auge: Hinter der Maske des Meisters (“Uno Sguardo nel Buio: Dietro la Maschera del Narratore). E’ visibile su Youtube, suddiviso in quattro parti di cui le prime tre sottotitolate in italiano. L’ho scoperto grazie al progetto Kickstarter con cui La Compagnia delle 12 Gemme riuscirà a realizzare una localizzazione italiana della quinta edizione di Das Schwarze Auge, ovviamente col nome Uno Sguardo nel Buio. Su questo argomento potete leggere l’articolo di annuncio o l’intervista a La Compagnia delle 12 Gemme.

Correva l’anno…

Fatte le dovute premesse, possiamo iniziare con il racconto vero e proprio. E’ il 1984. L’anno in cui la Apple sta presentando il primo computer della serie Macintosh. Anno in cui è ambientata la seconda stagione di Stranger Things. L’anno in cui il primo grande gioco di ruolo tedesco, Das Schwarze Auge, approda nei negozi di giochi.

Per dei ragazzi degli anni ’80 i giochi di ruolo erano qualcosa di nuovo e misterioso. Ma a differenza delle loro controparti moderne non c’erano generazioni precedenti pronte a presentarli o recensioni e forum a portata di smartphone. C’era solo una scatola in una vetrina o su uno scaffale, oppure un volantino con la lista dei manuali disponibili che faceva pubblicità al gioco. Per alcuni di loro quel volantino di 8 pagine che presentava Das Schwarze Auge divenne il manuale base attraverso cui non solo immaginavano le loro avventure, ma immaginavano anche come sarebbero potuti essere il gioco o le regole.

Fermiamoci un attimo a pensare a quel mondo in cui i telefoni erano su un tavolino del salotto attaccati a un cavo, nel quale la televisione aveva pochi canali e le offerte per i giovani erano solo in certe fasce orarie. Senza post, streaming, youtuber, chat e forum. I mondi fantastici erano solo nei libri o nella fantasia di ogni persona. Che impatto enorme poteva avere un mondo immaginario condivisibile ma personalizzabile fatto di libri, manuali, mappe e spunti?

Amore immortale

Se ancora adesso il primo incontro con i giochi di ruolo strega milioni di persone di ogni età e in ogni parte del mondo, immaginate che effetto ha fatto su dei ragazzini che appartenevano alla prima generazione di appassionati.

Come Tomas Finn, divenuto romanziere, sceneggiatore e autore proprio di Das Schwarze Auge, che ricorda così il suo incontro col gioco di ruolo:

Si parlava di un gioco basato solo sulla fantasia, senza gli elementi di un gioco da tavolo. Non riuscivo a immaginarmelo minimamente, ma esercitava un tale fascino su di me… Non so dire perchè, era una specie di attrazione magica. Ho costretto i miei fratelli a darmi 10 marchi della loro paghetta settimanale con l’argomentazione che ci servisse assolutamente un nuovo gioco!

Ricordo ancora quel pomeriggio, avrei dovuto studiare per un compito di latino. Ma quel giorno, fino a tarda serata, ho letto i libri arrivando alla conclusione: “Oddio, questo è un mondo tutto nuovo!”. Avevo trovato lo spunto per il resto della mia vita.

Tomas Finn, autore di Das Schwarze Auge

Das Schwarze Auge: le origini

Ma com’é nato Das Schwarze Auge? Le origini sono piuttosto divertenti. I due futuri autori Werner Fuchs e Ullrich Kiesov, già nel giro dei giochi e dei libri, vennero contattati dalla TSR, l’allora casa editrice di D&D, che nel 1982 aveva già un fatturato di 25 milioni di dollari. A Gary Gigax e compagni serviva qualcuno che facesse vendere Dungeons and Dragons in Germania. Presi i primi accordi Fuchs e Kiesov ricevettero così la scatola rossa e si innamorarono del gioco. Nel 1983 iniziarono le trattative per il contratto con la TSR, avendo trovato anche una casa editrice, la Schmidt Spiele.

Solo che la TSR voleva il 24% delle Royalty. Allora la Schmidt Spiele la toccò piano mandandoli a quel paese e dicendo che avrebbero prodotto un proprio gioco con il quale li avrebbero spazzati via dal mercato tedesco. A Fuchs e Kiesov, in cambio di un lauto compenso, dovevano creare in meno di due mesi (in tempo per la fiera di Norimberga del 1984) un gioco di ruolo con cui fare il mazzo a D&D. In quel breve lasso di tempo crearono la scatola base con il regolamento e quattro avventure.

La guerra con la TSR venne presa sul serio alla Schmidt Spiele, che ingaggiò un’agenzia pubblicitaria che, oltre a produrre anche degli spot televisivi, si prese il diritto di cambiare il nome del gioco da Aventuria nell’attuale Das Schwarze Auge, letteralmente traducibile con L’Occhio Nero. Forse nella speranza di farlo alla concorrenza.

Non è D&D

Uno dei punti chiave era assomigliare il meno possibile a D&D, per evitare l’accusa di plagio dato che non si erano lasciati proprio in buoni rapporti. E’ per questo che in Das Schwarze Auge si usa il d20 ma per avere successo bisogna tirare basso, o che non c’è la classe armatura, oppure che molti dei termini utilizzati sono particolarmente distanti da quelli di D&D, anche se un po’ controintuitivi.

In futuro anche altre differenze si riveleranno piccoli dettagli fondamentali. Ad esempio per via del più permissivo ambiente tedesco si poterono realizzare copertine più provocanti, mostrare seni nudi al vento (parliamo sempre di dover attirare ragazzini negli anni ’80). Contestualmente anche alcune tematiche presentate nel gioco beneficiarono di questa maggiore libertà. Ma la grande differenza tra questi due giochi fu l’incredibile rapporto stretto tra autori, giocatori e lo sviluppo del mondo. Ma ci arriveremo, per ora il mondo di Aventuria era solo un nome. Torniamo alla storia.

I primi passi

Alla fine fu un successo. Nel 1984 vendettero 100000 copie della scatola base e circa 50000 copie di ogni avventura. In totale la prima scatola ne vendette 250000. Era giunto il momento di dare forma all’ambientazione, ancora tutta da costruire. Finora c’era stata più quantità che coerenza. Delle quattro avventure pubblicate del nuovo gioco di ruolo fantasy due erano quasi fantascientifiche e una ambientata su un altro pianeta. C’era addirittura un reattore nucleare sotto la fortezza di un signore dei demoni. La stessa casa editrice non aveva ben chiaro cosa stava producendo, avendo inserito nella scatola per il narratore anche un’improbabile maschera di carnevale. Era l’epoca della nascita del gioco di ruolo dopotutto e non c’era ancora un genere prestabilito. Sono stati proprio la creatività e i gusti personali dei primi autori a definire l’immaginario collettivo che ancora noi ci portiamo appresso ora.

Nel 1984 era stato fatto tutto così in fretta che molto era ancora da decidere. Basti pensare che per guadagnare tempo i due autori disegnarono la mappa del continente di Aventuria contemporaneamente, a due matite. Mentre uno disegnava la costa est da nord a sud l’altro disegnava quella ovest in senso opposto. Ma stava nascendo comunque un nuovo mondo, destinato a crescere e a espandersi enormemente. E da qui il nostro racconto si sposta verso gli usufruitori di tutte quelle scatole base sparse per la Germania e non solo.

Come nasce un autore

Ad esempio possiamo spostarci a Salisburgo, in un piccolo negozio di giochi, dove un giovane di nome Hadmar, dopo un’attenta valutazione tra una nota scatola rossa (D&D) e una nera (Das Schwarz Auge) scelse la seconda. E subito pensò “posso fare di meglio! Devo mandare qualcosa!” e così si mise in contatto con la casa editrice, come racconta lui stesso:

Mi sono messo giù in un delirio creativo scrivendo 60 pagine di descrizione per una città […] cercando di dimostrare che un mondo fantasy non deve necessariamente essere basato solo su regole ed equipaggiamento, bensì figure, personaggi, storie, conflitti, cose del genere. Poi, un paio di settimane dopo, arrivò una lettera da Ullrich Kiesow […]: “Il materiale è grandioso! Purtroppo abbiamo appena pubblicato una città, ma il tuo materiale è decisamente migliore del nostro! Ti andrebbe di venire a Dusseldorf?”

[…] Ma anch’io me ne occupavo a livello amatoriale, nessuno di noi aveva qualche formazione specifica, Kiesow compreso, che era “solo” un insegnante, in pratica abbiamo dovuto imparare sul campo.

Hadmar Von Wieser, autore di Das Schwarze Auge

Piccoli autori crescono

La necessità di nuovi autori continuò a crescere e si cercò di reclutarli tra le fila dei giocatori. In assenza di forum, social media, email, instant messenger e compagnia cantante venne istituita un’organizzazione gerarchica di narratori e responsabili su base regionale, insomma gli albori del Community Management.

I giovani giocatori inviavano il loro materiale al responsabile regionale e tramite la redazione centrale ai caporedattori del gioco. Oppure domande sul gioco e sull’ambientazione che denotavano la voglia di espandere la conoscenza del continente di Aventuria. A volte era lo stesso Ullrich Kiesow a rispondere, inviando suggerimenti o materiale, anche inedito, che placava momentaneamente il desiderio di novità ma dall’altra alimentava il fuoco della passione per il gioco. E da quel nucleo di appassionati nacque il gruppo autorale che portò avanti Das Schwarze Auge negli anni successivi.

Molti iniziarono attraverso le fanzine, facendosi notare e attirando l’attenzione di Kiesow, che entrando in contatto con i più talentuosi, commissionava la scrittura di alcune avventure. Era un periodo nel quale ancora si cercava di capire come scrivere un’avventura, nel quale si cominciava a considerare che non dovevano per forza esserci un dungeon o uno sviluppo lineare.

Uno dei primi riconoscimenti del proprio valore, nonchè una grande soddisfazione personale era quella di essere pubblicati su…

Il messaggero di Aventuria

Nel 1981 il gioco di ruolo Midgard fu il primo tentativo di copiare D&D in Germania. Una delle grandi innovazioni che portò fu che, per la prima volta, quello che il gruppo promotore giocava, diventava pubblicazione. Das Schwarze Auge prese questa formula e la implementò per via del suo successo. Venne creata una pubblicazione bimestrale chiamata Aventurischer Bote che con taglio giornalistico raccontava l’evolversi della storia di Aventuria. Un’evoluzione che teneva conto anche dei contributi dei singoli gruppi di contributori.

Ciò che in un sottotetto di un piccolo borgo tedesco aveva fatto vibrare di emozione un gruppo di adolescenti durante una partita poteva diventare un evento riconosciuto da tutta la comunità di gioco. Un anno nel mondo di Aventuria corrispondeva a un anno nella realtà. Si potevano seguire le vicende di personaggi o di intere regioni come se si parlasse di un mondo reale, vivo. E lo si aspettava come un giornale, in attesa di avere le ultime notizie, senza notifiche, aggiornamenti, anteprime o trailer.

Grazie al messaggero di Aventuria nacquero anche i circoli di scambio avventure. Ognuno scriveva un’avventura, ne faceva 10 copie e le inviava al circolo e in cambio riceveva altre 10 avventure di altri iscritti. Era qualcosa di vivo, romantico e a cui penso con un po’ di invidia per non aver avuto la possibilità di viverlo in prima persona.

Un Das Schwarze Auge sempre più interattivo

Nel 1988 ebbe inizio il “gioco per posta” (quanto fa strano leggere “gioco per posta” nel 2020?) di Aventuria in cui si sviluppava la politica dell’Impero di Mezzo grazie al contributo dei giocatori, che potevano candidarsi per ottenere il ruolo di baroni o duchi diventando vassalli della redazione. Anche questa iniziativa portò al reclutamento di nuovi autori e alla creazione di dettagli unici. I giocatori si scambiavano lettere come se fossero scritte dai loro personaggi, si inventavano eventi inerenti alla propria baronia, interagivano attraverso la politica o si muovevano guerra. Il riassunto dei fatti principali veniva pubblicato sul Messaggero di Aventuria e il tutto culminava nell’annuale “Convento Panventurico” presso il castello di Bilstein. Una convention come chiosa di un play-by-forum, qualcosa di assodato ora, ma una pietra miliare nello sviluppo della nostra attuale cultura ludica negli anni ’80 e ’90.

La fine del nostro viaggio, ma non di Das Schwarze Auge.

Termina qui il racconto di un’epoca che non c’è più.

La storia di Das Schwarze Auge ovviamente continua. Raggiunse negli anni ’90 il periodo di maggior successo, facendo conoscere a tutta la Germania il concetto di gioco di ruolo. In quel periodo venivano pubblicate due scatole e 10-12 avventure all’anno, un volume produttivo che neanche D&D riusciva a eguagliare. Ora siamo alla quinta edizione del gioco, quella che sta per sbarcare anche in Italia.

Il maggior pregio riconosciutogli fu quello di aver creato un continente vasto e dettagliato, vario e verosimile, dove ogni giocatore può avere un suo luogo preferito. Un mondo in continua evoluzione che per decenni è stato amorevolmente riempito di dettagli da una innumerevole schiera di autori che hanno mosso loro stessi i primi passi al suo interno da ragazzi. E’ un mondo vivo, che ancora adesso onora il retaggio delle sue origini evolvendosi grazie anche ai contributi dei giocatori che si mettono in contatto con la redazione.

Per questo La Compagnia delle 12 Gemme insiste per far capire quanto valga la pena immergersi almeno una volta in Aventuria. E quando arriverà la mia copia di Uno Sguardo nel Buio e potrò leggere il primo numero del Messaggero di Aventuria, lo farò con in testa il pensiero di tutta la storia che vi è dietro e nel cuore l’emozione di un ragazzino che per la prima volta scopre un amore immortale.

Continua a seguirci per leggere altri racconti sui giochi di ruolo o essere aggiornato su Das Schwarze Auge e la sua localizzazione italiana Uno Sguardo nel Buio!

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