Come strutturare una sessione | Pensieri

Come strutturare una sessione | Pensieri

Questo articolo nasce dagli spunti forniti da due manuali che ho letto ultimamente, cioè Agents of Concordia e il gioco di cui mi sto innamorando (vedasi articolo sulle mie relazioni con le campagne), The Burning Wheel. In entrambi vi è una sezione dedicata a come strutturare una sessione di gioco, sebbene con approcci e fini differenti. Non sono ovviamente i soli giochi che danno esplicitamente consigli sull’argomento, ma forniscono un punto di partenza per parlarne. Se qualcuno avesse altre letture da aggiungere nella trattazione fatemelo sapere!

Questo articolo vuole trattare l’argomento per quanto riguarda le sessioni al tavolo. Benchè parte del discorso possa adattarsi bene anche al gioco online, alcuni aspetti sono profondamente diversi.

Bisogna parlare di come strutturare una sessione?

Il fine ultimo del gioco di ruolo è essenzialmente divertirsi. Seguendo questo dogma io sono molto liberalista. Cambiare regole, togliere limiti, aggiungere eccezioni, modificare statistiche, prendere un aspetto di un gioco e usarlo per un altro, tutto si può fare. Basta che ci sia consenso tra i giocatori e che questo comporti un miglioramento dell’esperienza di gioco. Solo per mettere le cose in chiaro, non vuol dire che io lo faccia spesso, anzi. Dico solo che non vedo alcun problema nel farlo.

Quindi di conseguenza anche una sessione va strutturata come meglio si preferisce, basta che funzioni. Ogni gruppo ha le sue abitudini, le sue situazioni, pertanto non esiste un paradigma uguale per tutti. Ma secondo me è bene ogni tanto fare il punto della situazione e vedere cosa viene suggerito da altri giocatori. Magari c’è uno spunto interessante a cui non si era pensato. Vediamo quindi nel dettaglio cosa suggeriscono questi due manuali.

La sessione secondo Agents of Concordia

Il manuale di Agents of Concordia suddivide la sessione in cinque parti.

Primo punto, il momento “sfogo preventivo”. Parte dal presupposto che, poiché si ha un buon rapporto con i propri compagni giocatori, bisognerebbe darsi circa venti minuti di tempo per parlare d’altro, raccontarsi come va la vita e parlare del più e del meno. Questo affinchè tali argomenti non escano fuori durante il gioco, rovinandolo.

Secondo punto, preparare il mood. Questo vuol dire trovare le giuste luci, magari una musica adeguata, ma anche spegnere eventuali schermi e allontanare gli smartphone.

Terzo momento, l’immersione. Allontanate tutte le fonti esterne di distrazione, è tempo di focalizzare l’attenzione. Dare un momento ai giocatori per ritrovare il loro personaggio. Il master chiede come si sente ogni singolo personaggio e fa a ognuno una semplice domanda, ogni volta diversa. Qual è il cibo preferito o un ricordo di infanzia. Questo serve ad aiutare il giocatore a ricominciare a pensare come il suo alter ego e agli altri compagni a connettersi meglio con lui.

Quarto punto, il riassunto. Ricapitolare dove si è arrivati con la trama, cosa è successo nell’ultima sessione. In questo modo si aiuta il giocatore a reimmergersi nella storia, oltre ad aiutare eventuali assenti a riempire le lacune. Come aggiunta personale direi anche che permette di capire cosa è rimasto impresso nella mente dei giocatori. E’ un feedback utilissimo perchè ciò che racconteranno e come lo racconteranno permette di capire quanta presa ha su di loro ogni singolo elemento della storia.

Quinto momento, finalmente si gioca!

Come strutturare una sessione secondo The Burning Wheel

I manuali di The Burning Wheel sono veramente pieni di nozioni e di buone idee, ma in realtà non parlano esplicitamente di come strutturare una sessione. Viene però dato un suggerimento, necessario per via del particolare sistema del gioco.

The Burning Wheel non ha punti esperienza o livelli. Si migliorano le abilità che vengono usate e solo se si fanno un determinato numero di prove di una certa difficoltà. Ma c’è un altro sistema a punti, chiamati Artha, che premia l’interpretazione e il raggiungimento di determinati obiettivi prefissati. I punti Artha così ottenuti possono essere spesi per facilitare le prove o ottenere particolari vantaggi o miglioramenti.

Per poter capire se le azioni di ogni singolo personaggio sono meritevoli di uno o più punti si suggerisce di terminare la sessione con un quarto d’ora in anticipo e utilizzare quel tempo per far leggere ad alta voce i descrittori interpretativi (nello specifico traducibili con le “Convinzioni” e gli “Istinti”) del proprio personaggio. In questo modo risulta lampante se durante la serata sono venute fuori le sfaccettature caratteriali, gli obiettivi e, appunto, le convinzioni di ognuno. E’ un momento di valutazione personale e confronto costruttivo con gli altri su ciò che si è riusciti a esprimere e ciò in cui si sono mostrate carenze.

L’importanza dell’immersione

Uno dei motivi per cui ho deciso di scrivere questo articolo è stato il primo punto descritto dagli autori di Agents of Concordia. Con la forzata necessità di collegarsi online per continuare a giocare, mi sono reso conto di quanto mi manchino le due chiacchiere che si fanno prima della sessione, come anche la lettura degli sguardi, delle espressioni o i momenti di ilarità collettiva che nelle attuali condizioni non riesco a vivere. A causa delle connessioni io e i miei compagni abbiamo solo l’audio, a volte neanche con qualità ottimale. La nostalgia del tavolo mi ha portato a pensare alle sessioni e poi a questo articolo.

Come ho già scritto i suggerimenti elencati qui sopra non devono essere considerati delle regole nette, da applicare con tanto di timer e tabella di marcia. Sono però spunti interessanti. Alcuni di questi vengono già probabilmente usati da molti di noi, più o meno consciamente. Mi è molto piaciuto il momento dell’immersione suggerito da Agents of Concordia. L’idea di non limitarsi a iniziare, ma di accompagnare la nostra mente e la nostra concentrazione verso una situazione ottimale di gioco può essere veramente utile. Ancor di più se lo si fa attraverso un piccolo approfondimento di ogni personaggio.

Il valore del debriefing

The Burning Wheel dà un suggerimento diverso, perchè è meno universale rispetto a quelli precedenti, cionondimeno per alcuni giochi può essere utile. A volte quando si portano avanti lunghe campagne piene di spunti o ricche di possibilità, si rischia di perdere per strada qualche caratteristica di un personaggio.

Un personaggio non giocante citato nel background, una promessa fatta nelle prime sessioni, un oggetto serbato nello zaino e mai più considerato. Può capitare di essere presi così tanto dagli ultimi risvolti della trama o dalle proprie gesta più recenti che si rischia di perdere contatto con le radici che sono state le fondamenta del personaggio.

In questo senso prenderei in prestito non solo i 15 minuti finali, ma proprio il concetto stesso di avere scritte sulla scheda i principali descrittori caratteriali e motivazionali del proprio eroe può servire a mantenere a fuoco l’interpretazione e le scelte future. Anche senza che ci sia un nesso con le regole del sistema.

Un’ultima considerazione

Vi invito a non sottovalutare questi suggerimenti. Mentre scrivevo ho riflettuto e mi sono proprio reso conto che, anche se le nostre sessioni ci divertono così come sono, non bisogna dimenticare che si può sempre migliorare.

Le idee che ho riportato non possono essere universali, ma sono sicuro che in molti casi potrebbero fare la differenza tra strutturare una sessione di GIOCO di ruolo oppure una di gioco di RUOLO.

Continuate a seguirci per leggere altri suggerimenti su come poter migliorare le vostre sessioni!
La durata delle campagne: amore eterno o relazioni fugaci?

La durata delle campagne: amore eterno o relazioni fugaci?

La durata delle campagne è come un rebus a cui non troverò mai la risposta. So che probabilmente una risposta giusta non c’è, quantomeno una universale. Ogni persona deve trovare il giusto compromesso in base alla sua situazione e al periodo che sta vivendo. C’è chi riesce a far quadrare i conti e a vivere felice e c’è chi, come me, non riesce mai a essere completamente soddisfatto.

Non di rado capita che i giocatori con partner che non ruolano si trovino a dover trovare un delicato equilibrio tra il tempo dedicato al gioco e quello alla propria relazione sentimentale. Può quindi capitare che il suddetto partner diventi geloso del tempo speso tra dadi e schede del personaggio. Per questo mi è venuto in mente di paragonare le campagne a delle relazioni. Ci sono giocatori fedeli e innamorati per cui esiste una sola passione per tutta la vita, altri che non hanno finito di creare il personaggio per una campagna che già iniziano a parlare di quanto potrà essere bella quella successiva.

Fortunatamente le campagne non si ingelosiscono, non ti sbattono fuori casa, non ti rigano l’auto, non ti chiedono gli alimenti. Non ti chiedono neanche che sistema hai usato ieri o qual è quel gioco a cui metti sempre like su Facebook ultimamente o di cui guardi sempre le storie su Instagram. Ma come si fa a trovare il giusto equilibrio per la durata delle campagne?

Le mie relazioni serie

Uno degli aspetti che mi piacciono di più del gioco di ruolo è la sua profondità temporale. E’ meraviglioso poter portare avanti una storia per mesi o anni, creando ricordi indelebili, assistendo a momenti epici, sviluppando trame e sottotrame. In questo senso la mia relazione più lunga è stata con una campagna di D&D3.5 nei Forgotten Realms che è durata circa tre anni. Per l’esattezza 146 sessioni, di cui sei da dodici ore (due all’anno: vacanze di Natale e Ferragosto). C’è un documento di testo da 220 pagine a raccogliere tutti i riassunti e a ricordare a me e ai miei amici quante incredibili avventure abbiamo vissuto.

Ho ancora avuto una storia abbastanza lunga ambientata nei Reami di Kalamar, poi ho preso una cotta per un sistema super meccanico ma meraviglioso come Hackmaster. Così da gennaio 2018 ho una relazione stabile quindicinale che sta durando da cinquantadue sessioni e che attualmente non vede la fine.

Meno male che Hackmaster non è un gioco geloso perchè lo faccio giocare a settimane alterne appunto per trovare il tempo di provare altro. L’altra settimana è dedicata a brevi relazioni fugaci. Ma già leggendo i manuali sento che mi sto innamorando di un altro sistema, ovvero The Burning Wheel.

Come si fa a fare tutto?

Io ho due sere e mezzo alla settimana per giocare di ruolo. Sono 130 sessioni all’anno. Sicuramente un numero ragguardevole. Dall’altra parte ho la mia relazione stabile, Hackmaster, la mia futura relazione stabile, The Burning Wheel (se riuscirò a farle convivere). Poi ci sono gli attuali rapporti più leggeri, cioè Hollow Earth Expedition, Household e D&D5e a Ravnica.

Il problema si pone quando penso a cosa vorrei fare. Quanti giochi vorrei provare! Solo per citare alcuni di quelli di cui abbiamo parlato su No Dice Unrolled (in rigosoro ordine alfabetico): vorrei provare Agents of Concordia, Brancalonia, Broken Compass, Dura-Lande, Inferno, Mork Borg, Nibiru, Pathfinder 2, Ryuutama, Vaesen, Vulcania. Oltre a godermi la profondità di supplementi interessanti come Norse Grimoire (e devo ancora provare Journey to Ragnarok) o The Complete Hag, ma questi almeno spero di poterli inserire in altre campagne in modo da prendere due draghi con una ballista, come si dice.

Prima o poi farò una campagna di Uno Sguardo nel Buio, che però mi sa tanto di gioco che richiede una relazione stabile e che dà il meglio di sè se portata avanti contestualmente al Messaggero di Aventuria (vedasi il mio articolo su Das Schwarze Auge).

Se da una parte vorrei provare tutto, dall’altra mi rendo conto che provare per provare non porta a nulla. A cosa serve giocare un paio di sessioni solo per dire di averlo fatto? Solo per mettere un’altra tacca al dado? Però a giocare con calma, assaporando i dettagli per ogni campagna fatta escono cinque sistemi e dieci ambientazioni.

Da qui torniamo alla domanda senza risposta. Per poter provare il più possibile, senza correre troppo in fretta, qual è…

La durata delle campagne giusta?

Dipende dai giocatori, dipende dal gioco, dipende da quanto tempo si ha per studiare nuovi manuali, dipende. La durata delle campagne non può essere un numero esatto (ma se lo fosse sarebbe ovviamente 42). Mentre scrivevo questo pezzo un po’ surreale mi è venuta in mente una considerazione. Forse è proprio come nelle relazioni, ma mi spiego meglio.

Non si può partire già sapendo quando durerà una campagna “per forza”. E’ come conoscere una persona e a priori decidere che la si frequenterà per 6 mesi, 12 giorni e 4 ore. Bisogna dare a ogni gioco la possibilità di far innamorare e creare una relazione stabile. Ogni campagna deve essere potenzialmente infinita. Poi ci sono ovviamente casi in cui è quasi sicuro che ciò non capiterà. Ma se si ha la fortuna di avere una o più relazioni stabili, appaganti, coinvolgenti, cosa si vuole di più? Forse in fin dei conti è meglio spendere 130 sessioni su una sola campagna indimenticabile che provare 13 campagne da 10 sessioni l’una, ma che alla fine nel ricordo si assomigliano tutte.

Quindi rimango senza una risposta, ma penso che ogni campagna è eterna, finchè dura.

Continuate a seguirci per parlare insieme di domande senza risposta come quella riguardante la durata delle campagne!

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